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Tenebris

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Blurb

Astrid, una ragazza come tante, è abituata ad una vita ordinaria, almeno finché l'arrivo nella sua scuola di quattro nuovi studenti non metterà sottosopra il suo mondo. La protagonista inizia presto a sentirsi seguita e nota che, la notte, dalla finestra di camera sua si vedono due occhi rossi come il sangue che la scrutano attentamente. Astrid crede di star impazzendo e di immaginarsi tutto, almeno è quello che spera.

Tuttavia, è tutto reale e la sua esistenza viene stravolta dalla scoperta dell'esistenza di creature che ha sempre creduto frutto dell'immaginazione delle persone, angeli e demoni. Lei stessa non è chi credeva di essere, o meglio che cosa credeva di essere, infatti presto scoprirà che il padre che non ha mai conosciuto è in realtà un angelo ed è per questo che è finita nel mirino del demone Sebastian.

Fortunatamente, oltre che sulla sua migliore amica Roxy, avrà vicino a sé Shawn e, sorprendentemente, anche Damien, i quali cercheranno in tutti i modi di tenerla al sicuro e di insegnarle a difendersi.

Il tempo che passano insieme porta Astrid e Damien ad avvicinarsi sempre di più e ad aprirsi l'una con l'altro, finché i due non si innamoreranno, ma stare insieme non è così facile come si potrebbe pensare, gli ostacoli tra di loro sono fin troppi, primo tra tutti la natura angelica della protagonista e quella demoniaca del suo amato.

Intanto Sebastian non demorde e per lui ogni occasione è buona per continuare a perseguitare Astrid, anche se, per quanto forte e pericoloso sia, non è in realtà la minaccia più grande, perché il vero nemico da cui tutti devono guardarsi le spalle è Aaron, un mezzosangue assetato di sangue.

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Facce nuove
Non appena finisco di infilarmi le scarpe, corro in bagno per spazzolarmi in tutta fretta i capelli e darmi una risistemata, pochi istanti dopo mi fiondo in cucina, dove trovo mia madre intenta a prepararsi un caffè mentre ascolta le notizie sul telegiornale. Ha i capelli spettinati e due profonde occhiaie sotto gli occhi, le spalle incurvate ed una vestaglia che la copre e la ripara dal freddo mattutino. Le corro incontro e la saluto con un frettoloso bacio sulla guancia, lo zaino su una spalla che ciondola avanti e indietro e la giacca ancora aperto, poi con passo spedito mi dirigo verso la porta d’ingresso. -Un po’ di delicatezza, se mi avessi tirato un pugno mi avresti fatto meno male!- esclama mia madre mentre esco, il tono di voce divertito:-E sei sempre la solita ritardataria! Roteo gli occhi al cielo mentre chiudo la porta alle mie spalle e poi inizio a camminare con il passo più spedito che le mie gambe mi consentono. Tutto sommato non sono eccessivamente in ritardo, se l’autista dell’autobus non ha deciso di arrivare proprio oggi puntuale. Perché alla fine è sempre così, no? Quando sei sotto le intemperie, al freddo, oppure hai un appuntamento a cui non puoi tardare, gli autobus sono puntualmente un ritardo, mentre quando sei tu che tardi anche solo di mezzo minuto, quei maledetti autisti decidono che è il giorno buono per essere puntuali! Sbuffando affretto ancora di più il passo, ignorando i muscoli poco allenati dei miei polpacci che mi implorano di rallentare. È solo il primo giorno di scuola e mi sono già alzata tardi, pronta fin da subito a riprendere le vecchie abitudini degli anni precedenti. Ormai mia madre è così abituata a ricevere telefonate dalla segreteria della scuola per i miei ritardi, che se una settimana, per caso, non le squilla il cellulare, si preoccupa che sia successo qualcosa. Ed io giuro che volevo provare, almeno quest’anno, ad essere puntuale e a ridurre le note disciplinari sul mio libretto, ma direi che già l’inizio non promette bene. Non ho la benché minima voglia di sorbirmi una noiosissima ramanzina da parte del professore di letteratura, ma sarà esattamente ciò che accadrà se non riuscirò a salire sull’autobus e dovrò fare tutto il tragitto a piedi dato che il mezzo successivo passa dopo un’ora. Scuoto vigorosamente la testa, i miei lunghi capelli biondi mi coprono la visuale per alcuni istanti. Nessun pensiero negativo, come al solito mi sto fasciando la testa prima di rompermela, non è detto che non faccia in tempo, devo solo sbrigarmi ed accelerare ancora un po’ il passo. Mentre ormai corro ripenso con nostalgia alle vacanze, anche se io e mia madre non abbiamo potuto permetterci di andare in qualche bella località turistica e siamo state costrette a rimanere a casa. Era così bello potersi svegliare tardi, non dover andare a lezione ad ascoltare persone frustrate che odiano il loro lavoro e che i sfogano sugli studenti, senza contare che potevo uscire con la mia migliore amica quando volevo senza dovermi preoccupare di studio e compiti arretrati! Libertà che per i successivi nove mesi non avrò più. Sarebbe così bello se le vacanze non terminassero mai... Ma del resto, chi non lo desidera? E invece eccomi qua, a correre per strada perché no, ovviamente non potevo alzarmi dal letto appena sentita la prima sveglia! No, dovevo girarmi dall’altra parte e riaddormentarmi come se niente fosse, ripetendomi nella mente come un mantra: ancora un minuto e mi alzo; solo qualche secondo... Ed alla fine è trascorsa mezz’ora. In questo momento vorrei prendermi a schiaffi da sola. Immersa come sono nelle mie elucubrazioni mentali quasi non inciampo nei miei stessi piedi, direi che schiantarmi contro il marciapiede non sarebbe proprio una bella idea... meglio se presto più attenzione a dove vado. Uscita dalla stradina in cui stavo correndo, sbuco sulla via principale e scorgo subito l’autobus alla fermata, la freccia azionata per indicare l'immissione nel traffico. E ti pareva che arrivassi proprio quando stava per partire! Con un ultimo sprint finale corro verso il mezzo, sbracciando nel mentre come una pazza nella speranza che l’autista mi noti. Vedo il pullman partire per poi inchiodare un paio di metri più avanti, mi ha vista! Mi dirigo in fretta verso la porta automatica anteriore ed appena si apre salgo di corsa e mi blocco davanti all’autista, il volto arrossato ed il respiro affannoso. Mi chino leggermente in avanti ed appoggio entrambe le mani sulle cosce, non correvo così dall’ultimo giorno di scuola, quando stavo di nuovo facendo tardi. L’uomo al volante, un quarantenne calvo e dall’espressione perennemente imbronciata, mi scruta con un sopracciglio inarcato e, con tono pungente, dice:-Sempre la solita... Sappi che questa è l’ultima volta che aspetto che tu salga, non sono il tuo autista personale, chiaro? Impara ad essere puntuale, signorinella. Io tengo gli occhi puntati al suolo, troppo imbarazzata per incrociare quegli occhi severi che mi guardano come se volessero trafiggermi. Regolarizzo il mio respiro e, anche se ancora affaticata, annuisco veementemente e poi mi volto verso il resto dell’autobus, colmo principalmente di studenti. Cerco disperatamente un sedile libero, ho davvero bisogno di sedermi, i muscoli delle mie gambe reclamano pietà, ed appena noto alcuni posti liberi verso il fondo non esito ad occuparne uno vicino al finestrino proprio mentre il mezzo riparte, immettendosi nel traffico. Sospiro, sollevata all’idea di non ricevere una ramanzina dal prof di italiano. La vera domanda è se riuscirò ad arrivare a scuola in orario anche per i rimanenti giorni fino alla fine dell’anno... Sposto lo sguardo nel paesaggio esterno, vedo le case scorrere rapidamente finché l’autobus non esce dal piccolo paesino in cui vivo e subito il panorama cambia, lasciando il posto a vasti campi che terminano in lontananza con il confine di una fitta boscaglia che si arrampica lungo i versanti della valle. Giusto per mantenerci sul tema dell’allegria, come se non bastasse la riapertura delle scuole, oggi il cielo è grigio piombo, come a voler decretare ufficialmente la fine dell’estate e l’inizio di mesi sempre più bui e freddi. Più guardo fuori e più sono grata di essere riuscita a salire sul pullman in tempo, la sola idea di aver rischiato di farmi tutta questa strada a piedi con il rischio che venga a diluviare da un momento all’altro mi fa venire i brividi, soprattutto perché durante tutto il tragitto come al solito non vedo un’anima viva, solo lande desolate e degne di uno scenario di un romanzo di Stephen King. Dopo circa una ventina di minuti il pullman si ferma nel parcheggio della scuola e tutti scendiamo dal veicolo sgomitando per farci spazio tra l’orda di studenti che occupa il piazzale. Subito una gelida folata di vento mi travolge facendomi accapponare la pelle e gelandomi il sangue nelle vene, mi stringo all'istante dentro la mia giacca calda e chiudo la lampo affrettandomi verso l'edificio grigio e deprimenti in cui dovrò passare cinque ore della mia vita sei giorni alla settimana per i prossimi mesi. Sebbene non stia propriamente morendo dall’impazienza di entrare a scuola, ho un assoluto bisogno di ripararmi da questo gelo. Appena entro nell’atrio mi sento subito meglio senza il vento a sferzarmi il viso e a farmi rabbrividire, anche se solo un folle oserebbe dire che questo posto è caldo e confortevole dato che il riscaldamento ormai da anni funziona ormai ben poco e non riesce a riscaldare adeguatamente l’intero edificio. Se vogliamo vedere il lato positivo, almeno non devo stare cinque ore sotto le intemperie, direi che è meglio di niente. Mi affretto a salire le rampe di scale fino al secondo piano e raggiungo presto la mia aula, la cui porta è stranamente chiusa... Per un attimo temo di essere arrivata in ritardo anche prendendo l’autobus in tempo, ma quando controllo l’ora sul telefono mi accorgo che sono ancora le 7.58 e che mancano due minuti all’inizio della prima ora. Confusa, busso debolmente alla porta e, senza attendere una risposta, la apro. Tutti i presenti si voltano verso di me ed io arrossisco imbarazzata, detesto attirare l'attenzione ed avere così tante paia d’occhi puntati addosso. -Buongiorno!- esclamo cercando di far finta di nulla ed il prof, in piedi davanti alla cattedra, mi sorride entusiasta:-Buongiorno a te, quasi non ci credo di vederti già in aula, hai deciso di cambiare abitudini quest’anno? Sai quante penne risparmierei se non dovessi più scrivere sul registro tutti i tuoi ritardi? Alle parole del prof sento alcuni miei compagni ridacchiare e, sebbene sappia quanto siano vere, non posso fare a meno di imbronciarmi mentre il rossore sul mio viso aumenta, ora non solo per l’imbarazzo. Mordendomi la lingua per non rispondere mi guardo intorno, notando che ci sono ben quattro banchi liberi, anche se tutti i miei compagni di classe sono già seduti ai loro posti. -Stavo giusto avvisando i tuoi compagni che quest’anno si uniranno a noi dei nuovi studenti... Se vuoi iniziare ad accomodarti, arriveranno tra poco.- aggiunge il prof di letteratura, indicandomi con un gesto della mano uno dei posti vuoti. Non faccio nemmeno in tempo a fare qualche passo che la porta alle mie spalle viene aperta e, quando mi volto, vedo entrare il dirigente scolastico, un uomo bassino, capelli bianchi e corti ed occhi di un azzurro spento, seguito da una ragazza e due ragazzi all’incirca della mia età. Gli studenti nuovi... La ragazza è piccola e minuta, soprattutto paragonata ai due ragazzi che sembrano anche intimidirla molto dato che continua ad osservarli nervosa, ma probabilmente anche io lo farei al suo posto se si considera la loro forte presenza e soprattutto il loro fascino. Ha i capelli a caschetto castani e gli occhi azzurri, molto scuri, quasi blu, un incarnato molto chiaro ed il naso spruzzato con qualche lentiggine. Sembra una bambina, ha un viso delicato ed infantile, ma al tempo stesso è molto bella e graziosa, indossa una camicia bianca ed una gonna nera lunga fino al ginocchio con delle calze pesanti. Più la osservo e più mi sembra l’incarnazione della purezza e dell’ingenuità, in senso buono ovviamente, mi dà quasi l’idea di essere un concentrato puro di gentilezza e compassione. La mia attenzione però viene ben presto catturata dagli altri due studenti, il cui aspetto si discosta parecchio da quello della ragazza. Uno dei due ha i capelli chiarissimi, bianchi, con qualche riflesso grigio, non riesco bene a definire la tinta che ha usato. I suoi occhi invece sono l’esatto opposto, sono molto scuri, e da questa distanza non riesco a definirne bene il colore, mi verrebbe quasi da pensare che siano completamente neri, ma probabilmente sono di un marrone piuttosto scuro. È alto, ha un fisico muscoloso, ma non eccessivamente, ed asciutto, e ha uno sguardo malizioso e furbo. Dalla sua espressione mi sembra un tipo freddo e distaccato, indifferente verso tutto ciò che lo circonda e, per quanto possa essere brutto giudicare una persona senza conoscerla, di solito non mi sbaglio mai. Anche l'altro ragazzo è alto, di qualche centimetro più del primo, e con un bel fisico, e come l’altro studenti ha degli occhi scurissimi. I suoi capelli sono neri come la pece, il suo sguardo intelligente ed arcigno ci squadra tutti come se fossimo degli inutili scarafaggi e, ciliegina sulla torta, la sua espressione altezzosa mi innervosisce. Nonostante ciò, i suoi occhi così profondi e magnetici mi confondono le idee e mi annebbiano i pensieri e davanti a lui mi sento piccola ed indifesa come una formica davanti ad un gigantesco piede che la sta per schiacciare. -Astrid? Vai a sederti o vuoi rimanere in piedi per tutta l’ora?- mi richiama il prof ed io mi volto di scatto, gli occhi spalancati come se mi avessero colta in flagrante con le dita nella marmellata. Senza dire una parola e tenendo lo sguardo fisso sulle mie scarpe mi dirigo velocemente verso uno dei banchi liberi e senza nemmeno guardare mi siedo, mentre tutti i miei compagni osservano in silenzio i nuovi arrivati, cercando di inquadrarli. -Buongiorno ragazzi, loro tre...- dice il dirigente indicando gli studenti alle sue spalle con un cenno del capo:-... si sono appena iscritti a questa scuola. Per loro sarà un po’ difficile integrarsi, non sono della zona e non conoscono nessuno. Perciò, per favore, siate accoglienti e fate i bravi, cercate di mettervi nei loro panni e di pensare a come vi sentireste voi a trasferirvi in una nuova scuola senza amici e circondati solo da estranei. -Insomma dobbiamo far loro da babysitter? Trattarli con i guanti ed offrire loro delle caramelle in segno di amicizia?- interviene un mio compagno dal fondo della classe, facendo ridacchiare gli altri della sua cerchia. -Non è esattamente quello che intendevo...- sorride il dirigente con fare accondiscendente, poi si volta verso i nuovi arrivati:-Bene ragazzi, allora io vi lascio. Ricordatevi che per qualunque cosa potete rivolgervi a me o ad uno dei vostri insegnanti. Il preside, dopo essersi congedato, esce dall’aula e, non appena la porta viene chiusa, il prof di letteratura dice:-Bene, dato che Luca, Giorgio e Fabrizio sono così desiderosi di dare aria alla bocca, tra poco saranno loro ad esporre il romanzo che vi ho detto di leggere quest’estate. I tre ragazzi in fondo all’aula iniziano subito a protestare, ma vengono subito interrotti dal prof che solleva una mano e con un’espressione minacciosa dice:-Se sento un’altra parola provenire da uno solo di voi tre che non è minimamente inerente con la lezione di oggi, per domani vi assegno anche un tema da svolgere e sarà la vostra prima valutazione del semestre. Quindi, siete sicuri di voler continuare a lamentarvi? I tre ragazzi, ancora contrariati, si zittiscono immediatamente, appoggiandosi contro gli schienali delle rispettive sedie. -Bene.- dice il prof soddisfatto, ora con un piccolo sorrisetto sulle labbra, poi rivolgendosi verso i tre ragazzi ancora in piedi accanto alla cattedra dice:-Perdonate per l’attesa, presentatevi pure. -Io sono... sono Samantha...- squittisce la ragazza mentre si guarda intorno spaesata e quasi spaventata, le dita serrate stringono il tessuto della gonna mentre il nervosismo trapela da ogni poro della sua pelle. I due ragazzi al suo fianco, al contrario, sembrano molo sicuri di sé e soprattutto molto arroganti. -Damien.- si presenta il ragazzo con i capelli bianchi, un sorriso spavaldo stampato sulle labbra ma che non arriva ai suoi occhi. La sua voce roca e profonda non trasmette alcuna emozione, mi sembra di aver davanti un pupazzo che non prova alcuna emozione. -Sebastian.- dice il ragazzo dai capelli neri con tono piatto ed impassibile, sembra essere annoiato da ogni cosa e soprattutto sembra infastidito da noi tutti, come se la sola nostra presenza fosse un disturbo. Rispetto all’altro ragazzo è quello che decisamente mi innervosisce di più, con quel suo portamento da chi crede di essere superiore a tutti gli altri. -Bene, io sono il vostro professore di letteratura, mi chiamo Leo Martin.- dice l’uomo sedendosi sulla cattedra e prendendo il libro di testo al suo fianco:-Accomodatevi pure in uno dei posti vuoti, dato che è la prima lezione mi limiterò ad esporre il programma di quest’anno e poi, il nostro caro trio là in fondo, ci esporrà Il Visconte Dimezzato che ho assegnato da leggere. E da domani partiremo a pieno regime. Mentre il prof continua a parlare, mi rendo conto che gli unici banchi vuoti sono uno accanto a me e due alle mie spalle. Grandioso. Sposto rapidamente lo sguardo da uno all’altro ed inizio a sperare con tutta me stessa che la ragazza decida di sedersi al mio fianco, non so perché ma non penso di volermi trovare così vicina ad uno degli altri due e preferirei ridurre al minimo i miei contatti con loro. Fortunatamente Samantha, appena vede il banco vicino al mio, sorride ed accelera il passo per poi sedersi accanto a me e sussurrare:-Spero che non ti dispaccia. -Per niente.- replico io con un filo di voce per non farmi sentire dal prof, intento a presentare il programma di letteratura, e le sorrido:-Mi chiamo Astrid, piacere. -Samantha.- dice lei, ma subito il moro si intromette e con un sorrisetto di scherno dice:-Sai, penso lo sappia dato che non mi pare essere sorda e che ci siamo presentati davanti a tutti quanti. Mi volto immediatamente verso Sebastian, che ha occupato il banco dietro alla castana e nel mentre mi accorgo che Damien è seduto esattamente dietro di me e mi sta studiando con attenzione. -Ah... Sì, è vero...- inizia a balbettare Samantha, di nuovo nervosa come quando era in piedi davanti a tutta la classe. Scuoto la testa e sposto la mia attenzione verso il resto dei miei compagni, la maggior parte dei quali non vedo da giugno. Quasi tutte le ragazze della classe stanno già sbavando per i due nuovi arrivati e, anche se devo ammettere che sono entrambi piuttosto affascinanti ed intriganti, non riesco proprio a capire come possano perdere la testa per qualcuno che non conoscono. Forse sono semplicemente io che li ho giudicati troppo velocemente dai loro modi di fare e dalle apparenze, ma da quando sono entrati non riesco a non stare in allerta, come se mi sentissi in pericolo. Cerco con lo sguardo la mia migliore amica, Roxy, sperando di non vedere anche lei con gli occhi sognanti puntati verso Sebastian e Damien, ma quando finalmente noto la sua folta e sgargiante chioma azzurra in un banco in fondo alla classe non posso che ridacchiare divertita. L’aria sognante ce l’ha eccome, ma solo perché si è addormentata sul banco. Del resto chi si somiglia si piglia, no? Se da una parte ci sono io che non riesco mai ad arrivare puntuale, dall’altra c’è la mia migliore amica che ha il vizio di appisolarsi durante le ore di lezione. Tra noi due non so davvero chi abbia preso più note di demerito durante il nostro percorso scolastico. -Bene! Adesso, se nessuno a domande, chiedo ai nostri tre entusiasti volontari di alzarsi in piedi e venire qua davanti alla cattedra per fare un riassunto dell’opera che sono sicurissimo che abbiano letto.- esclama il prof distogliendomi dai miei pensieri e riportandomi alla realtà. I tre diretti interessati si alzano controvoglia dai loro posti facendo strisciare rumorosamente le sedie contro il pavimento, ci sarà da divertirsi adesso.

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